CONTRIBUTO DELLE OO.SS. CGIL-CISL-UIL REGIONALI, PROPEDEUTICO ALL’INCONTRO DEL 20 NOVEMBRE

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Egregio Presidente,

con riferimento al prossimo confronto sui temi della Sanità in Puglia del 20 p.v., si ritiene opportuno, propedeuticamente, riassumere di seguito, seppure esemplificativamente, alcune delle questioni centrali che a giudizio delle scriventi debbono essere affrontate.

                La prima tra le problematiche che si vogliono affrontare riguarda l’esigibilità dell’Accordo sottoscritto lo scorso 12 Dicembre 2016, la cui mancata attuazione, almeno per la parte che attiene l’audit di livello regionale, costituisce un “vulnus” relazione nel metodo e nel merito che ha imposto la necessità dell’attuale chiarimento e di un confronto che ne attualizzi in maniera credibile gli obiettivi, fissando tempi, contenuti ed interventi sui diversi argomenti in agenda,               che vincolino le parti al rispetto degli impegni che si sottoscrivono, pena l’inaffidabilità delle stesse. 

                Nel merito con l’Accordo sottoscritto il Governo Regionale, nella circostanza, aveva condiviso la necessità di affrontare e portare a soluzione alcune delle questioni nodali che erano state poste alla comune riflessione, che oggi si palesano ancora più per rilevanza sociale nel panorama organizzativo del nostro Servizio Sanitario Regionale.

                Liste di attesa , spesa, investimenti, qualità delle cure, prevenzione, migrazione sanitaria, accesso all’innovazione farmaceutica, informatizzazione dei servizi sanitari, assistenza agli anziani. In tutti questi indicatori risultiamo come Puglia  sotto la media delle regioni italiane.

Così dicasi per l’efficienza, l’efficacia e l’appropriatezza dell’offerta sanitaria. Sull’insieme di questi aspetti manca una lettura in ordine alla procedura di analisi che la regione intende porre in essere per la realizzazione delle criticità dei modelli di offerta delle prestazioni sanitarie.

                Inoltre, non conosciamo quali proposte la regione intende presentare ai ministeri vigilanti in merito alla realizzazione della nuova rete ospedaliera in considerazione della necessità di garantire lo sviluppo in modo bilanciato, senza provocare pericolose riduzioni dei livelli essenziali di assistenza, anche in relazione all’auspicato rafforzamento dei servizi territoriali ( vedi il caso delle deroghe concesse all’emilia Romagna).

Gli  investimenti sulle politiche della qualità ( vero grande problema della Puglia), rendono necessario un programma serio, incisivo , improcrastinabile. Sulla fase di  centralizzazione dei risparmi che si stanno producendo (vedi protesi, vaccini, mammografi, assicurazioni, spese della farmaceutica ecc.) rendono ancor di più incomprensibili i ritardi di Innovapuglia sulle gare di acquisto di grandi dimensioni. Cosa intollerabile, che stà determinando un danno irreparabile sul recupero di quei risparmi che erano destinati agli investimenti ed all’occupazione. 

Sulla spesa farmaceutica, le misure avviate nei confronti dei soggetti prescrittori , vanno ulteriormente rafforzate. 

Nello specifico, inoltre,  si fa riferimento:

➢      al bisogno indifferibile di sviluppare una progettualità in grado di riqualificare l’offerta di prestazioni sanitarie, in modo da incrociare e soddisfare i bisogni di salute che esprimono i singoli territori ed abbattere  le liste di attesa e la mobilità passiva ,ridefinendo tra l’altro il rapporto esistente tra Sanità pubblica e privata accreditata;

➢      alla necessità di affrontare il tema dell’individuazione territoriale e distrettuale dei PTA, unitamente a quello della contestuale conversione degli Ospedali da chiudere, indicando le risorse finanziarie e di personale da destinare alla riconversione, il grado di complessità assistenziale di dette strutture, per riequilibrare l’offerta sanitaria, a fronte dei rilevati bisogni di salute delle aree interessate alla definizione del “piano di impiego” del personale attualmente in servizio nei Presidi Ospedalieri e nei Punti di Primo Intervento  di cui è prevista la chiusura e con il pieno coinvolgimento responsabile dei MMG;

➢     alla urgenza della definizione di un “piano straordinario di assunzioni” del personale sanitario per il periodo 2016-2018, con l’obiettivo di risolvere la gravissima carenza organica rilevata in  oltre 4.500 unità;

➢     al  non più rinviabile governo della spesa farmaceutica,  i cui risparmi generati devono vedere attuati  investimenti in nuove assunzioni di personale;

➢       alla inderogabilità di rafforzare il principio di legalità, attraverso la rotazione nei Presidi Ospedalieri e nelle Strutture Sanitarie degli incarichi dirigenziali, anche in ossequio alla recente deliberazione n. 831/16 dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) che ha ribadito e chiarito che la rotazione deve interessare tutto il personale e non solo alcune categorie di dirigenti, addirittura comprendendo quei Primari che non ricoprono ruoli clinici ma solo gestionali. Ad oggi quanto contenuto e richiamato dalla normativa insita nel PNA triennale in relazione alla rotazione dei Dirigenti del Sistema Sanitario Regionale sembrerebbe aver trovato nelle ASL un’applicazione disomogenea e parziale; una situazione questa che porta a pensare che le Aziende Sanitarie pugliesi tendano ad eludere quanto sancito dal Piano Nazionale Anticorruzione, ragione per la quale serve un intervento deciso del Governo Regionale che impartisca direttive puntuali e vincolanti per i Direttori Generali”;

➢       all’esigenza di rafforzamento del principio, più in generale, della responsabilità dei centri di decisione organizzativa, gestionale e clinica, prevedendo, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di “rientro” dei Presidi Ospedalieri nello scostamento tra ricavi/costi, degli obiettivi di produzione nel rapporto volumi/esiti di;

➢     all’impellenza di accelerare le procedure per la realizzazione della Centrale Unica degli Acquisti affinché si arrivi ad un risparmio sostanziale della spesa per beni, servizi e farmaceutica.

Questioni tutte queste per le quali si era nell’Accordo del 12 Dicembre 2016 concordato di:

➢     attivare un tavolo di confronto con il Direttore del Dipartimento per le Politiche della Salute per individuare interventi finanziari, economici e di innovazione organizzativa mirati a realizzare investimenti nelle eccellenze sanitarie, nelle risorse umane, nell’innovazione tecnologica e infrastrutturale, nei modelli dell’organizzazione sanitaria territoriale per realizzare una equa redistribuzione, sia qualitativa che quantitativa dell’offerta sanitaria intra-territoriale ed intra-regionale;

➢     attivare, sempre, con il Direttore Ruscitti ed i Direttori Generali delle ASL  la riorganizzazione della sanità territoriale.

A distanza di 10 mesi sui predetti temi il confronto non ha ancora compiutamente avuto luogo, mentre si registra, ad esempio, che sull’individuazione dei PTA, sul grado di complessità degli stessi, sul loro Regolamento di funzionamento, un dibattito è stato tenuto dalla Regione nei singoli Territori con i Sindaci, con le forze politiche e persino con i Comitati Civici costituitisi in difesa degli Ospedali da chiudere.

Ragioni queste che spingono a rivendicare l’esigibilità nel suo complesso del richiamato Accordo del 12 Dicembre 2016, il quale tra l’altro prevedeva con le Categorie interessate occasioni di incontro:

  1. 1.a livello regionale per:

– la definizione del piano occupazionale;

  1. 2.a livello territoriale, in ogni ASL, per:

– la ridefinizione di un “progetto aziendale per l’abbattimento delle liste di attesa”, che partendo dall’esame dei risultati della sperimentazione a suo tempo avviata ed analizzando le cause che hanno portato a vanificarne le aspettative, individui, territorialmente e per ogni area di attività, specifiche misure di intervento per abbattere i tempi di attesa, con l’affidamento di obiettivi di risultato per le diverse prestazioni sanitarie. Il progetto doveva prevedere il monitoraggio trimestralmente dei risultati da parte dei Direttori Generali dell’ASL, in apposite sessioni audit sociale con le Organizzazioni Sindacali, prevedendo incentivi ma anche “penalità” in capo ai responsabili di progetto e di misura; non mancando, contestualmente, di monitorare e confrontare le dinamiche relative all’attività intra moenia del personale sanitario impegnato nel progetto per l’abbattimento dei tempi di attesa, per evitare le storture rilevate nel rapporto tra volumi di prestazioni rese in attività ordinaria e quelle rese in attività intra moenia, che, come è noto, va bloccata se i tempi di attesa per la stessa prestazione in regime istituzionalesono superiori.

Sugli interventi innanzi indicati va detto che sul piano territoriale/aziendale il confronto, allo stato, ha avuto alterne vicende, e va sottolineato come in alcun caso rispetto al principale dei temi affidati, ossia quello dell’abbattimento delle liste di attesa, si siano individuati progetti specifici o addirittura sia stato seppure “timidamente” trattato l’argomento. Solo in qualche ASL il confronto tenuto si è dimostrato coerente con lo spirito dell’Accordo aprendo una interlocuzione positiva;una buona prassi  che deve però ancora dimostrare tutta la sua pratica attuazione  .

 

Da qui la necessità di monitorare le risultanze ai cui è giunto l’audit di livello territoriale/aziendale, in una apposita sessione d’incontro, con la partecipazione dei Direttori Generali delle ASL, in sede regionale, rimando fermi i tavoli d’incontro territorialmente previsti,   anche allo scopo, in particolare, di affrontare la succitata questione dell’abbattimento delle liste di attesa.

 

Un  fenomeno quello delle Liste di attesa che è in aumento come dimostrano le tante segnalazioni che giungono da parte di tanti cittadini che trovano sempre più spesso difficoltà ad accedere alle prestazioni (dato questo confermato anche da altre Associazioni quali il Tribunale per i diritti del malato). Per alcune prestazioni si registrano tempi di attesa record. Le attese più lunghe si registrano per la mammografia, per la colonscopia; per la visita oculistica e cardiologiche. Per quanto riguarda i tempi di attesa per le prestazioni diagnostiche e specialistiche  in caso di sospetto diagnostico,  i dati del Monitoraggio delle strutture oncologiche di Cittadinanza attiva mostrano che mentre al Nord l’80% delle persone in condizione di urgenza accede entro le 72 ore stabilite, da noi in Puglia si registrano percentuali peggiori. Analogo ragionamento per la tempestività con la quale si accede all’intervento chirurgico a seguito di diagnosi oncologica.  Appare indispensabile la realizzazione di un CUP sovra aziendale che metta in rete tutti gli erogatori(compresi gli accreditati) per garantire ai cittadini un’offerta piu’ ampia

 

Si ritiene che prioritariamente vada affrontata, nel confronto richiesto con il Presidente ed il Direttore del Dipartimento, la più volte sollecitata “verifica delle risultanze dell’attività che sperimentalmente è stata svolta nelle ASL nel periodo 01.01.2014-31.05.2014”. Gli Accordi sottoscritti con le OO.SS. di categoria, recepiti con Deliberazione di G.R. del 3 dicembre 2013, n. 2336, prevedevano, appunto che, terminata la fase sperimentale (31.05.2014) si sarebbero valutati i risultati (tempi e numero delle prestazioni  effettuate, raggiungimento  dell’obiettivo  programmato di abbattimento delle liste d’attesa) e solo in conseguenza la Regione avrebbe considerato la possibilità di autorizzare o meno le Aziende ed Enti del SSR ad un prosieguo delle attività.

Una verifica quella espressamente prevista dalla succitata deliberazione mai effettuata, o quanto meno mai resa nota nei suoi esiti, nel rapporto costi benefici, tenuto conto che l’impegno finanziario quantificato per sostenere le attività finalizzate alla riduzione dei tempi d’attesa e gli adempimenti allo  stesso  correlati,  così  come  regolati con la Deliberazione n.2336/2013, ammontava a €.11.700.000.

 

Infine, resta tra le questioni che si vogliono porre nell’agenda del confronto quelle relative alla possibilità di meglio riorganizzare e semplificare la rete ospedaliera secondo un principio di copertura territoriale e se vogliamo sovra territoriale (oltre i confini delle attuali province), basato sulla proporzione inversa tra numero di strutture e relativa complessità assistenziale, proprio ai sensi del D.M. 70/2015. Ovvero sarebbe ammissibile pensare ad una allocazione concentrica intorno agli Ospedali di II Livello, degli Ospedali di I livello e degli Ospedali di base, in numero adeguato, in modo da assicurare una copertura omogenea dei LEA sull’intero territorio regionale, evitando, come sta purtroppo avvenendo, di congestionare l’offerta sanitaria negli HUB di II livello, regolandola in relazione alla complessità assistenziale dei bisogni di cura espressi dai cittadini? Sullo specifico argomento sono di questi giorni le notizie negative relative al monitoraggio da parte del Ministero della salute dei LEA relativi all’anno 2015, che pongono la nostra Regione, con punteggio di 155 – 11 punti in meno rispetto al 2014 – nella categoria cosiddetta “inadempiente”, insieme a Campania, Calabria, Molise e Sicilia ( Il punteggio finale, come è noto, viene calcolato sulla base di 35 indicatori: viene analizzata, ad esempio, la qualità dell’assistenza agli anziani e disabili, la copertura vaccinale, screening e prevenzione, appropriatezza nell’assistenza ospedaliera. La Puglia è stata considerata sotto la soglia minima; i funzionari ministeriali hanno individuato criticità maggiori per quanto riguarda le vaccinazioni, screening, prevenzione veterinaria e assistenza ospedaliera).

Insomma, fermo restando le risorse disponibili, senza sforare la spesa complessiva del FSR, attraverso politiche spinte di riqualificazione ed ottimizzazione della stessa spesa  – misure vere di spending review, è possibile a giudizio delle scriventi riorganizzare l’offerta sanitaria, facendo scelte politiche coraggiose ed avvedute, come quella di riorganizzare, per esempio, la rete oncologica, la rete ortopedica, prevedendo la realizzazione di poli di eccellenza – Trauma Center, a carattere monospecialistico .

 

Si potrebbe, pertanto, prevedere la costituzione di Presidi che, in relazione al livello di classificazione per complessità assistenziale, contengano un numero adeguato di posti letto per disciplina il cui tasso di utilizzo renda sostenibile il valore della produzione rispetto ai costi della stessa, ai fini dell’equilibrio di bilancio. Allo stesso tempo, però, occorrerà assicurare all’interno dei presidi le dotazioni standardizzate di personale rispettose della legge 161/2014, che costituiranno il fabbisogno complessivo della rete ospedaliera.  Altrettanto va fatto sul versante delle attività  ospedaliere cosiddette no-core affidate alle Società in House Sanità Service; occorrerà verificare i business planning sotto il profilo della coerenza finanziaria rispetto agli standard di personale impiegato e alla qualità delle prestazioni rese. A questo riguardo va definita con chiarezza in sede di riordino della rete ospedaliera la prospettiva di questa esperienza, che si chiede venga rafforzata e messa in sicurezza, facendo ricorso anche ad interventi legislativi, seppure nel rispetto dei criteri della convenienza e della economicità dell’affidamento, nella convinzione che diversamente con il ritorno all’esternalizzazione dei servizi affidati alle società in House si possa produrre solo e soltanto un aumento della spesa complessiva.

Tutto quanto sin qui è stato rappresentato ed esposto con lo scopo di affrontare con l’attenzione che merita il richiesto e convenuto confronto tematico. Si è ritenuto, così, con il presente documento, propedeuticamente all’incontro in calendario, di riassumere il complesso sistema delle questioni di merito che vogliono trattare.

Distinti saluti.

 

CGIL PUGLIA                      CISL PUGLIA                                       UIL PUGLIA

  Gesmundo                       Fumarola                                             Pugliese